Per la prima prima volta Nestlé il colosso dell’alimentazione ha deciso di mettere nero su bianco tutta la verità sulla qualità dei propri prodotti.
Dal Nesquik ai corn flakes, dai KitKat agli Smarties, fino al Nescafé e agli alimenti per la prima infanzia tutto viene prodotto e commercializzato dalla Nestlé, ovvero la più grande azienda alimentare del mondo. Trattandosi ovviamente di una produzione massiva e industriale la qualità, per forza di cose, ne risente. Tuttavia, è la prima che la multinazionale fa un’ammissione simile sulla qualità del cibo.
Ovviamente, trattandosi di cibo processato o ultraprocessato, la presenza di zuccheri, grassi o ancora coloranti non stupisce più di tanto, fatto sta che Nestlé non si era mai esposta prima d’ora così tanto. Nello specifico, la multinazionale ha riconosciuto che il valore nutrizionale di meno della metà dei suoi prodotti – sia alimenti che bevande – può essere considerato “sano”. Malgrado insomma la maggior sensibilità sul tema, la qualità e i valori nutrizionali dei singoli articoli nella maggior parte dei casi non vanno oltre la sufficienza. Ma cosa significa esattamente?
Stando, infatti, ai parametri usati dalla stessa multinazionale, basati sull’Health Star Rating System (HSR), ovvero un’iniziativa del governo australiano e neozelandese che assegna valutazioni sanitarie a cibi e bevande confezionati, il 54% dei prodotti hanno ottenuto un punteggio al di sotto del 3,5. Si tratta di una valutazione bassa che dimostra come i valori nutrizionali siano in deficit, ad esempio, di fibre, frutta, verdura e fibre a favore invece di grassi saturi, zucchero e sale all’interno dei singoli prodotti.
Da questa valutazione però vanno esclusi alimenti per animali domestici, alimenti per bambini, vitamine e alimentazione medica specializzata. Ma perché Nestlé ha deciso di esporsi mostrando i risultati poco rincuoranti del suo report? Data appunto la sensibilità crescente sul tema, alcuni azionisti e attivisti hanno fatto pressione affinché l’azienda fosse il più trasparente possibile. Ma non finisce qui.
Come riportato dal ‘Financial Times’, le aziende del settore alimentare in questo momento sono sorvegliate speciali. Alcuni governi, infatti, hanno introdotto tasse sui prodotti ad alto contenuto di zucchero e implementato restrizioni sulla pubblicità e sulle promozioni di vendita di tutti quei prodotti responsabili dell’aumento vertiginoso e spaventoso dell’obesità nei paesi più ricchi e sviluppati del Pianeta.
Motivo per cui, l’amministratore delegato di Nestlé, Mark Schneider, aveva già rilasciato una dichiarazione in cui parlava positivamente dei progressi compiuti dall’azienda che ha ridotto la presenza di sodio, zucchero e grassi saturi. Eppure, non è sufficiente. A causa della guerra e dell’inflazione, infatti, si è contratto il potere d’acquisto dei consumatori e al contempo il costo delle materie prime più sane è schizzato, aumentando così le spese da sostenere da parte di Nestlé e non solo.